modefinance in audizione alla Commissione Finanze della Camera dei Deputati

modefinance 2 Novembre 2017

modefinance in audizione alla Commissione Finanze della Camera dei Deputati

Martedì 17 Ottobre il nostro Presidente Mattia Ciprian ha avuto l’onore di essere chiamato in audizione dalla Commissione Finanze della Camera dei Deputati nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle relative all’impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo. Ovvero come evolve il settore del Fintech in Italia.

Di seguito riportiamo la sua relazione sull’incontro, con il focus sulla (potenziale) fragilità del settore e come intervenire.

Il video dell'audizione è disponibile al seguente link: audizione Mattia Ciprian, Commissione Finanze

Come unica agenzia di rating Fintech, mettiamo a disposizione dei nostri clienti un asset molto importante: la miglior valutazione del rischio di credito, rigorosa efficiente ed efficace, grazie ai nostri algoritmi di analisi. A chi ci rivolgiamo? A tutte le società Fintech che operano nell’ “alternative landing” (dall’invoice trading ai minibond) ovvero tutte quelle aziende che permettono alle PMI di finanziare le proprie attività (a breve e/o lungo termine) senza passare per il circuito bancario.

Il doppio pozzo

La disintermediazione bancaria non è parte di un nostro semplice desiderio, ma una precisa direzione che le stesse banche hanno preso, dando vita ai canali di “prestito alternativo”: in Italia, dal 2012 ad oggi, il credito tradizionale è calato di 108 miliardi (anche per motivi regolamentari, ovvero Basilea 2 e 3). Il credit crunch ha creato una necessità sul mercato e le Fintech hanno risposto.

Personalmente non credo che il Fintech sia nemico delle banche; piuttosto penso che sia alleato delle aziende. Rubando una immagine suggestiva a Leonardo Frigiolini – banche e Fintech sono due pozzi d’acqua affiancati e non comunicanti, e le aziende possono abbeverarsi ad entrambe –.


Si tratta dunque di una doppia offerta, e non di una “battaglia” tra istituti bancari tradizionali e Fintech.

Ma c’è un problema: se è vero che la corda per attingere all’acqua del pozzo bancario si è accorciata, quella del Fintech al momento è troppo debole e rischia di spezzarsi.

Rischio truffe

Negli ultimi mesi, però, stiamo osservando un numero crescente di tentativi di truffa: sempre più aziende non bancabili, ovvero che non troverebbero soggetti bancari pronti a finanziarli, cercano di farsi approvare prestiti dalle Fintech, sfruttando la velocità di emissione di risposte (poche ore contro settimane o mesi impiegati dalle banche): succede che spesso i necessari controlli vengano sottovalutati o addirittura non effettuati.

Il problema non sta nella capacità di lettura dei dati, ma nella loro veridicità: e non stiamo parlando di makeup di bilancio per togliere qualche imperfezione (che quasi sempre siamo in grado di rilevare) ma proprio di dati falsi, truffe preparate a tavolino.

Tutto questo ci ha convinto, nei mesi scorsi, ad elaborare un algoritmo predittivo delle potenziali truffe, andando a identificare alcuni pattern di “atteggiamenti comuni” tra le società truffatrici; non è ancora sufficiente, ma la direzione è senza dubbio quella più giusta.

Impatto sul sistema

Queste truffe creano ovviamente una forte crisi di sistema:

  • Per una piccola piattaforma di invoice trading, una perdita di 80 mila euro potrebbe decretarne la morte per prosciugamento di risorse.
  • Il dilagare di truffe potrebbe spingere gli investitori a tenersi alla larga dal settore.
  • L’intero sistema Fintech potrebbe perdere di credibilità.

Ci perderebbero quindi tutti: sia gli investitori che le PMI, per le quali si romperebbe la fune per attingere all’acqua del pozzo.

Eppure la soluzione (o parte di essa) sarebbe molto facile: permettere alle agenzie di rating come modefinance, già affidabili in quanto seguono stringenti procedure approvate e controllate da autorità europee, di attingere a dati non pubblici per condurre indagini più approfondite.

Ad esempio, la Centrale Rischi gestita da Bankitalia: in essa si trovano tutti i rapporti sull'indebitamento della clientela verso le banche e le società finanziarie (intermediari) e quindi c’è la “lista dei cattivi”. Ma ci sarebbero anche altri database che permetterebbero di identificare chi si è reso in passato protagonista di comportamenti scorretti.

We are open

Non abbiamo di certo pensato di chiedere cose assurde, visto cosa si sta già muovendo nel resto del mondo: in Gran Bretagna, ad esempio, vi sono varie iniziative volte ad aumentare la trasparenza nel rapporto banca/impresa.

Tra questi Open Up Challenge, gara a cui siamo stati recentemente invitati a partecipare, che ha tra gli obiettivi primari quello di un "miglior uso della tecnologia e dei dati per trasformare il processo di accesso al credito, la gestione del flusso di cassa ed una miglior visione a tutto tondo dell’impresa”.

Alle aziende selezionate vengono fornite in maniera anonima le transazioni finanziarie di oltre 250mila PMI inglesi, fornite direttamente dalle banche, col solo scopo di testare nuovi progetti per migliorare trasparenza ed efficienza del mercato.

Come farlo

Si rischia di infrangere regole (la privacy tra tutte) aprendo a chiunque banche dati così rilevanti? No, se lo si fa in modo opportuno. Innanzitutto un accesso non aperto a tutti ma solo a coloro che dimostrano esserne degni (ad esempio, l’appartenenza e la certificazione ad enti riconosciuti a livello Europeo come ESMA), inoltre l’istituzione di sandbox che, per definizione della Commissione Europea, sono “sandboxes are mainly supervisory tools for firms and supervisors to explore how regulation should be interpreted and applied in light of a firm's new solution, through running live tests.”

Proviamo a chiarire: le sandbox sono parco giochi dove le Fintech sono i bambini, i regolatori sono i genitori (in Italia potrebbero benissimo essere CONSOB e Bankitalia) e i dati degli utenti rappresentano i giochi, con lo scopo di comprendere se le attuali regole pongono dei limiti che bloccano sviluppo ed efficienza dei mercati. In tal caso, si studiano soluzioni condivise, ponderando pregi e difetti, come modificare regole e renderle più in linea con le necessità moderne.

Concludendo

Il settore Fintech è a rischio se non si dotano società come modefinance dei mezzi opportuni per garantire utenti e investitori, stimando accuratamente i rischi a cui entrambe vanno incontro.

Gli strumenti per permettere al settore di irrobustirsi esistono ma non sono accessibili: si potrebbe studiare una soluzione, magari all’interno di sandbox, dove la collaborazione tra Fintech e regolatori permetta di risolvere questo problema.

Per ciò che riguarda la rappresentanza: oggi è difficile definire cosa sia Fintech e cosa non lo sia, anche per chi lavora all’interno di questa dimensione. Riteniamo necessario dunque avere un rappresentante di settore, che spieghi agli operatori pubblici e privati necessità e opportunità create, e si faccia ambasciatore tra le parti.