Largo, arriva il TechFin. E i dati sono (ancora) più centrali

modefinance 7 Marzo 2023

In un’era di cambiamenti rapidi e repentini, a colpi di click, e nell’evoluzione da Moore a Kurzweil, dove la tecnologia è un processo esponenziale senza termine, anche il Fintech non poteva non mostrare le proprie caratteristiche di crescita e miglioramento continui. Ed ecco che il focus si sposta dallo sviluppo, uso e adozione di strumenti tecnologici, all’integrazione degli stessi con diverse fonti informative: dalla quantità alla qualità del dato.

Il paradigma tecnologico non è più oggetto della discussione, è una necessaria ovvietà. Ora sono i dati open, proprietari ed alternativi ad essere al centro della scena; per non citare poi tutto il mondo degli alternative data e del loro potenziale, e di uno dei temi chiave del prossimo futuro, ovvero gli ESG.

Come farne uso? Perché condividerli? Chi ci protegge da utilizzi ingiustificati? Unitamente alla disponibilità, sono questi i dubbi che l’intero ecosistema Fintech -e l’utente stesso- si pongono nel dibattito sul futuro dei servizi finanziari, e sulla sua sostenibilità etica, ambientale ed economica. Citando Laura Grassi, direttrice dell’Osservatorio Fintech e Insurtech del Politecnico di Milano, “i dati possono aprire nuove strade per monitorare e comprendere lo stato di salute delle imprese e delle persone, portando così a prestiti, assicurazioni o decisioni di finanziamento e di allocazione del capitale migliori e più inclusivi; ma possono anche abilitare migliori meccanismi di finanziamento e nuovi modelli di business, come nel caso di banking-as-a-service o dell'embedded finance.

 E se la questione “so much data, so little time” dovesse imporre la scelta tra monotonia e automazione, noi tutti conosciamo ormai la facilità di scelta per l’istituzione e l’impresa. È quando la questione si fa più sottile, e si passa dalla “sola” raccolta all’analisi, che si demarcano le distanze tra capacità standard e modellistica avanzata .

Da FinTech a TechFin, l’evoluzione del paradigma

Nonostante la crescente importanza e popolarità d’uso di strumenti digitali che incorporano le principali fonti dati pubbliche, anche nei settori più tradizionali e tradizionalisti, molte organizzazioni sono in grado di “efficientare i processi” (leggi automatizzare) per un solo 23% della loro routine di lavoro quotidiana. Ciò è causato principalmente dalla particolarità delle procedure manuali e dalla mancanza di univocità nelle informazioni che raccolgono.

Spesso i processi manuali risultano non solo dispendiosi in termini di tempo, ma rendono anche difficile garantire l’assenza di errori fattuali ed un monitoraggio coerente, coinvolgendo dipartimenti diversi su più piattaforme (ERP, CRM, DBMS) o formati (cartacei, Excel, csv, zip e ASCII). Nei casi in cui la scelta di lavorare assieme a realtà Fintech, o agenzie che curano lo sviluppo di prodotti tecnologici, o qualora l’integrazione di database terzi sia già stata fatta, i miglioramenti non si sono fatti attendere: taglio dei tempi e delle risorse dedicate ad attività a poco valore aggiunto, migliore rapporto con i clienti, e ricavi aumentati.

Ora, la questione si sposta sulla tanto chiacchierata ChatGPT: senza entrare nel merito dello strumento, il vero problema emerso dall'hype relativo all'intelligenza artificiale che ha contribuito a generare, è quel data gap che ci troviamo ad affrontare nel momento in cui attorno a noi tutto è almeno 6 volte più veloce. Se pensiamo che le stesse aziende Fortune 500 dicono di essere data driven (per il solo 24%), di aver innestato una cultura del dato (il 21%), ciò implica che il 79% ritiene di non avere cultura del dato.

Ciò che può sembrare banale, ovvero la semplificazione e la standardizzazione del dato, costituisce in realtà l’ulteriore step evolutivo: in alcuni ambiti (si pensi, ad esempio, agli investimenti) una combinazione di dati geografici, di sentiment analysis e di trend di mercato è già pienamente funzionale al lavoro degli analisti, il che è determinante per la crescita di enti e aziende in tutto il mondo.

Questo sviluppo, all’apparenza soltanto lessicale, nella concretezza sposta la visione dai soli modelli finanziari alla selezione dei dati migliori da “dare in pasto” alle già evolute tecnologie ingegneristiche e a soddisfare specifiche esigenze valutative. Di conseguenza, grazie alla flessibilità ed alla modularità di tecnologie e di strumenti precedentemente sviluppati si è in grado di connettere ambienti differenti con differenti database, che possono interagire e dialogare, seppur con linguaggi diversi. Dati migliori significano risorse in grado di dedicare meno tempo alla risoluzione di problematiche fattuali, a cercare di correggere la qualità dei dati, e attive nella migliore pianificazione per la crescita dei ricavi e l’esperienza del cliente.

Dati pubblici, provider di dati finanziari, negatività e segnalazioni, strutture aziendali e andamenti, flussi di fatture, open banking (PSD2 e PSD3), bilanci provvisori da ERP, dati ambientali e informazioni sulla supply chain: tutto ciò è utile a migliorare lo studio e l’esame delle pratiche, e può essere integrato in maniera automatica negli strumenti evoluti di cui banche e imprese si stanno dotando.

La chiave: micro-servizi indipendenti

Nella stessa direzione dell’evoluzione degli applicativi, pensiamo soprattutto al mobile banking e pagamenti digitali, va l’Embedded Finance: si parla infatti sempre più di micro-servizi, modulari e indipendenti, e facilmente integrabili tra loro.

Secondo la definizione di Gartner, infatti “A microservice is a service-oriented application component that is tightly scoped, strongly encapsulated, loosely coupled, independently deployable and independently scalable” verticali e definiti, e accessibili in modo indipendente (ed altrettanto indipendentemente scalabili). Strumenti che promettono di risolvere le necessità specifiche sia delle istituzioni finanziarie più strutturate, già in possesso di piattaforme gestionali e procedurali proprietarie, che delle realtà challenger, non in grado di sostenere evoluzioni tecnologiche e strutturali unite a costi rilevanti.

Proviamo a fare un esempio specifico: nel caso di un processo di rating digitalizzato, sulla base di modelli avanzati (Rating-as-a-Service), ecco che gli output di questi micro-servizi sono rappresentati da scorecard custom KPI-ed, che ben sintetizzano le valutazioni pregresse, e sono in grado di raccogliere le sfide regolamentari e le visioni del TechFin.   

Educazione e regolamentazione come volani di crescita

All’interno delle banche e delle imprese, gli investimenti non si fermano più alle tecnologie e al Data Analytics: ci si concentra sull’apprendimento delle proprie risorse in merito tecnologico ma anche all’alfabetizzazione al dato. Saper leggere e interpretare i dati, e in maniera proattiva anche ad estrarne valore, è indispensabile per l’intera catena di analisti.

Infatti, con l’aumento esponenziale dei dati a disposizione, aumentano anche le fonti da integrare e i formati in cui questi si presentano. È proprio in quest’ottica che acquista sempre più importanza la sintesi di dati all’interno di modelli avanzati, in un percorso da FinTech a TechFin in grado di rivoluzionare davvero l’approccio alla crescita del business.

Non solo banche e corporate: le istituzioni finanziarie stanno facendo la loro parte, i progressi nella trasformazione digitale e nella sua regolamentazione sono in atto, ma la maturità varia. Le dimensioni, l'impegno e gli investimenti giocano un ruolo fondamentale, e la discussione è più viva che mai, dalla strategia comune sulla Digital Finance al recentissimo tema PSD3. Vediamo come le autorità stesse sono pienamente coinvolte in progetti a stimolo dell’innovazione (es. sandbox), e chissà che la regolamentazione non possa diventare uno stimolo all’innovazione stessa.

Conclusione

Si viene così a rafforzare quel mix di abilità e competenze che nel Fintech era già presente:

  • Varietà e qualità dei dati - geolocalizzazioni, sentimenti, mercato, ESG, in una combinazione unica di accuratezza, verificabilità, percezione e contesto- in tempo reale e con una copertura globale;
  • Scalabilità tecnologica - grazie alla precedente conoscenza di API, tecnologie di IA, Machine Learning all'avanguardia, modularità e flessibilità delle piattaforme- aperta all'interazione con diverse fonti di dati;
  • Monitoraggio delle analisi, dei risultati, e delle valutazioni effettuate, così come delle posizioni più particolari e delle dimensioni complesse, e fornire indicazioni sulle prestazioni future;
  • Multidisciplinarietà, esperienze e conoscenze accumulate, background che spaziano dalla finanza allo sviluppo IT.

I risultati? Esperienze di analisi più ricche ed accurate, una maggiorata rapidità di riscontro all’utente finale, accesso al credito più puntuale e strutturato sulle effettive possibilità dell’azienda; ciò che conta di più è il sostanziale miglioramento decisionale, con il quale le istituzioni possono favorire scelte di business consapevoli.

Se l’orizzonte è un mondo fatto di open banking ed embedded finance, il dato è il faro guida di ogni business, e per questo dobbiamo imparare a conoscerlo, valorizzarlo e prendercene cura con l’aiuto del TechFin.